I cinque Focus Group hanno fatto riscontrare anche circostanze apparentemente incoerenti e in contraddizione con le tendenze più comuni, dei veri e propri “paradossi” (Tab. 4):
- la proporzione indiretta, se non addirittura inversa, tra livelli di sicurezza e proliferazione di policy in ambito Cybersecurity;
- l’aumento iniziale dei costi operativi (OpEx) nel passaggio da architetture on premise ad architetture Cloud;
- la riduzione dell’interazione via email contrapposta alla proliferazione di comunità digitali su Mobile;
- l’eccesso di aspettative sulla certezza del dato, che finisce per inibire l’adozione di processi decisionali data-driven negli ambiti Big Data;
- la generazione di grandi volumi di dati poi non utilizzati per creare nuovi prodotti o servizi.
Troppe policy possono portare minore sicurezza
Dotarsi di software all’avanguardia è solo il primo passo per una difesa efficace. L’altro è di definire e attuare procedure e policy per normare attività e comportamenti di utenti e dipendenti che, con la loro operatività da dispositivi fissi e mobili, costituiscono una tra le principali fonti di rischio informatico in azienda, a partire dalla semplice mail di phishing. Tuttavia, la presenza di procedure può non essere sufficiente per garantire un buon livello di sicurezza. Anzi, il rischio è proprio quello di creare un eccesso di norme interne, favorendo al contrario malcontento e, di conseguenza, comportamenti di aggiramento della policy o procedura stessa. Non stupisce quindi che il Dipartimento IT si veda aprire ticket che lamentano l’impossibilità di compiere determinate attività espressamente vietate da una norma aziendale. È necessario dunque evitare complicazioni e attuare tutte le iniziative di sensibilizzazione che servono a creare maggiore consapevolezza presso gli utenti sui rischi informatici. È la soluzione migliore per arrivare alla corretta attuazione di procedure efficaci di Cybersecurity. Una buona policy deve essere interiorizzata dall’utente, e, secondo i partecipanti al Focus Group, questo è possibile solo tramite una cultura della sicurezza diffusa a più livelli organizzativi.
Cloud Computing: senza monitoraggio aumentano i costi
La riduzione dei costi operativi (OpEx) resa possibile dal Cloud Computing permette di liberare risorse da destinare ad attività che possono differenziare strategicamente l’impresa. Ad esempio:
- i servizi SaaS consentono di accedere ad applicazioni critiche e a dati in modo elastico e di scalare i servizi con rapidità, secondo necessità e pagando solo il servizio consumato, e in più gli aggiornamenti e gli upgrade delle funzionalità avvengono automaticamente;
- i servizi PaaS, permettono di avviare più prototipi in parallelo, e di decidere se e quando chiudere o passare in produzione;
- i servizi IaaS sono la scelta tattica per velocizzare l’acquisizione di sistemi i cui tempi di approvazione in logica on premise, si rivelerebbero troppo lunghi.
Tutto questo è confermato anche dai partecipanti al Focus Group Cloud Computing, ma con le dovute precisazioni sui cambiamenti nelle dinamiche di costo nel passaggio dalla gestione capacity-driven, tipica dell’on-premise, a una gestione cost-driven (pay per use), principale caratteristica dell’economia dei servizi in erogazione. È infatti necessario “prendere confidenza” con il modello di pricing on-demand che, senza le dovute accortezze, può anche rivelarsi più costoso del modello on premise. Infatti, anche se l’aspettativa è di prezzi in calo sulla spinta della concorrenza, più sale l’adozione di nuovi applicativi, più aumenta la necessità di nuove “macchine” e nuovi ambienti, più salgono i costi correlati. L’esperienza condivisa nei Focus Group conferma che anche la flessibilità e la capacità di storage, pur essendo potenzialmente illimitate nelle offerte di servizi in Cloud Computing, hanno il loro prezzo, e che il controllo dei costi diventa sempre più importante. Per evitare l’utilizzo di servizi oltre le reali esigenze, oltre alle capacità di negoziazione con i fornitori, diventa necessario l’inserimento di nuove figure, ove non già presenti, con il ruolo di controller e Cost Manager per la gestione specifica dei servizi Cloud, per non superare il budget prefissato e ottenere pieno ritorno dagli investimenti effettuati.
Una seconda interessante evidenza riguarda il rischio di downtime. L’utilizzo dei servizi in Cloud Computing implica una drastica riduzione del livello di controllo su infrastrutture, dati e sistemi rispetto alla modalità on premise. Il rischio di downtime è sempre presente ma non rappresenta una criticità insormontabile, anzi grazie al Cloud il guasto o il disservizio diventano anch’essi una componente da esternalizzare. Da criticità si trasformano in fattori abilitanti: ecco un altro paradosso del modello pay per use, con risvolti economici positivi, laddove un disservizio o una interruzione del servizio mette il fornitore nella duplice condizione di risolvere il problema in tempi brevi e di rifondere l’azienda nel rispetto degli SLA.
Mobility e Collaboration: meno email, ma più relazioni
Il principale obiettivo dei progetti di Mobility è l’aumento della produttività individuale conseguente alla possibilità di lavorare in movimento, con un dispositivo più piccolo ed intuitivo rispetto al tradizionale laptop. Inizialmente gli strumenti di collaboration e social network interni hanno rivestito un ruolo di componente aggiuntiva, interessante ma non prioritaria. Ma nel tempo si sono rivelati strumentali alla creazione di comunità informali di persone che si scambiano informazioni, anche al di fuori di strutture gerarchiche proprie, stabilendo reti indipendenti. L’utilizzo di questi strumenti ha visto aumentare la comunicazione informale all’interno delle organizzazioni e, come impatto direttamente tangibile, diminuire il numero di email scambiate, e troppo spesso non lette. Questo tipo di benefici sono stati sicuramente prospettati in fase di acquisto della soluzione, ma non sono mai stati dati per scontati nei progetti di Mobility a livello enterprise, essendo coinvolta la componente “soft” (di relazioni interpersonali) della struttura organizzativa. Così, paradossalmente, progetti nati per favorire lo svolgimento delle attività lontano dall’ambiente lavorativo hanno reso possibile la creazione di nuove relazioni fra gruppi di lavoro. Come indicato dai partecipanti, perché anche queste componenti abbiano davvero successo, è importante coinvolgere da subito gli utenti nel processo di definizione del progetto e della nuova esperienza utente, e i risultati possono essere davvero incoraggianti.
Big Data: più dati e minori certezze
“Mentre la percezione nella maggior parte degli utenti è che il dato è una certezza, noi abbiamo raccolto più dati per essere meno sicuri”
- È la considerazione emersa al Focus Group sui Big Data, che ben riassume l’esperienza condivisa da tutti i partecipanti: per un efficace utilizzo dei dati attraverso le nuove soluzioni di Analytics e Big Data occorre un nuovo approccio alla gestione dei dati, che non li consideri come “fine” (il dato che dimostra una certezza) ma come “mezzo” (dato che abilita nuove visioni e azioni, e un percorso di trasformazione). I partecipanti al Focus Group confermano che l’analisi di grandi moli di dati permette di ottenere input rilevanti, anche in ottica predittiva, per decisioni strategiche sempre più mirate e puntuali. Ciò non di meno rilevano che più aumenta la disponibilità di informazioni più aumenta l’insicurezza nell’utilizzarle a fini decisionali, con il conseguente ricorso all’esperienza maturata nella vita professionale. Si pensi ad esempio all’utilizzo di dati predittivi sul comportamento della clientela rispetto alle aspettative guidate dalla conoscenza personale di lunga data del parco clienti.
Si tratta dunque di maturare l’approccio statistico associato all’utilizzo dei dati, secondo il quale l’analisi dei Big Data, di per sé, non fornisce una verità assoluta, quanto piuttosto una tendenza che aiuta a scegliere di agire in un determinato modo per cogliere nuove occasioni. Questo richiede un cambiamento per gli utenti finali che invece tendono all’analisi del dato cercando nella “macchina” una risposta diretta alle domande di business.
Il messaggio dei CIO che hanno condotto progetti in ambito Big Data è di utilizzare la conoscenza ottenuta per migliorare la scelta delle azioni da intraprendere mediando con l’esperienza. Il cambiamento culturale sta proprio nel capire che in una minore certezza creata da tante informazioni risiede un enorme valore potenziale. È fondamentale l’attivazione di un piano di change management per formare l’organizzazione a una cultura condivisa di gestione dei dati e della loro traduzione in azioni di business. Solo così, l’analisi dei Big Data potrà evolvere da funzione interna, collaterale al core business, a funzione strategica per migliorare le performance aziendale e abilitare nuove tipologie di servizi o nuovi prototti “data intensive”.
Internet of Things: troppi dati da valorizzare
Internet of Things e Big Data sono due paradigmi tecnologici frequentemente interconnessi. Evidente è la relazione di complementarietà: i dispositivi connessi generano una grande quantità di dati, la cui raccolta e analisi può offrire la possibilità di sviluppare nuovi prodotti e servizi “data intensive”.
In realtà, disporre di grandi quantità di dati raccolti da dispositivi connessi non equivale, per i partecipanti al Focus Group, a disporre di valore direttamente monetizzabile. Chi è già partito con progetti di Internet of Things non ha per forza condotto o sta già conducendo anche attività di analisi sui dati generati. Da un lato è indubbia la consapevolezza di fondo delle potenzialità di monetizzazione delle basi di dati generate da sensori e dispositivi IoT- dalla geolocalizzazione a bordo delle auto, che permette di individuare i clienti finali, ai database generati nei progetti di R&S. Tuttavia l’incertezza è altrettanto diffusa rispetto a “come fare a fare soldi con i dati raccolti”. Non è ancora chiaro ai più quale processo di valutazione e quali metodologie adottare per trasformare il dato grezzo in opportunità di business, anche se comincia a diffondersi l’utilizzo di modelli e paradigmi statistici di correlazione dei dati. In certi ambiti, come lo Smart Asset Management e lo Smart Metering, si tratta di analisi ancora legate più all’ottimizzazione dei costi che all’incremento del fatturato.
Oltre all’ottimizzazione dei costi, l’altra area su cui si concentra l’orientamento generale è l’analisi dei dati per il miglioramento della Customer Experience, aggregando e correlando informazioni sull’esperienza dei clienti profilati, delle loro abitudini e delle loro preferenze per un ritorno in termini di customer base.
A mancare sono, per ora, le possibilità concrete di applicazione per generare nuovi prodotti e servizi, e numerosi sono gli interrogativi. Ad esempio, chi opera in ecosistemi B2B sempre più percepisce la necessità di valorizzare i dati di utilizzo e comportamento della clientela finale ottenuti con la geolocalizzazione dei dispositivi, una tematica inedita per l’azienda prima dell’avvento dell’Internet of Things. Gli eventuali nuovi servizi ideati potrebbero essere offerti ai clienti B2B tradizionali, direttamente alla clientela finale, o a entrambi in modalità ibrida. Ma per avere mercato occorre anche avere domanda, ovvero far percepire il valore aggiunto di una macchina connessa al proprio cliente, a un portafoglio clienti B2B non necessariamente “sensibili” o preparati a questa opportunità, quali ad esempio le Pmi.
Il valore e le potenzialità rilevate sono innegabili, ma se i Big Data generati dall’IoT sono davvero “il nuovo petrolio” delle aziende, per ora i CIO partecipanti al Focus Group sono concentrati sulle criticità nella fase estrattiva e di lavorazione del prodotto grezzo. Resta tra le loro priorità la definizione di un approccio più strategico per la monetizzazione dei Big Data, in questo incoraggiati dalle prime reazioni positive nelle loro aziende circa la messa a punto di nuove ipotesi di lavoro.
Interconnessione dei trend emergenti
Sia che si guardi a strategie o piani pluriennali ben definiti, sia che si guardi a iniziative reattive al mercato, sono più d’uno i trend che i partecipanti ai Focus Group reputano fondamentali per lo sviluppo dei progetti. Infatti, più che un singolo progetto sul Cloud o sui Big Data, esistono progetti che incrociano le diverse tecnologie emergenti. Questo riscontro ha accomunato tutti i Focus Group, in contesti, settori ed excursus di progetto diversi. Così, ad esempio, per chi sta implementando progetti di Big Data e Analytics e Internet of Things, è importante investire in Cloud Computing in termini di scalabilità e flessibilità dell’ambiente di sviluppo, e chi investe in Cloud Computing vede notevoli opportunità nelle piattaforme di analisi dei dati in modalità as a service. Oltre alla trasversalità tra tecnologie emergenti oggetto di analisi nei Focus Group, si presentano notevoli opportunità in nuove “tecnologie di frontiera” - Blockchain, Intelligenza Artificiale e Cognitive Computing - mentre altri paradigmi tecnologici in uso corrente già da alcuni anni, come la biometria e la geolocalizzazione, trovano nuovi campi di applicazione nell’ambito della Trasformazione Digitale. Gli incroci più ricorrenti nelle esperienze progettuali analizzate nei Focus Group sono caratterizzati da grande trasversalità, quale che sia l’ambito tecnologico di partenza:
- Cybersecurity. L’adozione di tecnologie emergenti abilita nuove opportunità di business, ma crea anche nuovi rischi. Anche per effetto della sempre più frequente migrazione dei dati in Cloud, i progetti di Cybersecurity si concentrano così sull’innalzamento della protezione degli asset immateriali aziendali, come dati e informazioni critiche. Il graduale spostamento del modello produttivo verso IoT e Industria 4.0, così come l’incremento delle modalità di comunicazione M2M, sollecitano egualmente i responsabili della sicurezza informatica, e concorrono a fare dei nuovi progetti i “sorvegliati speciali”. Sul fronte della sicurezza dei dispositivi, anche con l’obiettivo di offrire una migliore esperienza utente, le password tradizionali per l’utilizzo dei dispositivi aziendali cominciano a essere sostituite con tecnologie biometriche.
- Cloud Computing. Tra i fattori che più influenzano a medio termine l’introduzione di servizi Cloud, è la possibilità di implementare progetti Big Data, Machine Learning e Analytics, sfruttando la velocità e le capacità di storage e calcolo offerte dal paradigma as a service. Grandi volumi di dati trovano nel Cloud gli ambienti più adatti alla loro analisi e archiviazione, in particolare tramite soluzioni di Big Data Platform as a Service. Come indicato dai partecipanti al Focus Group Cloud, in ambito Big Data e Analytics sono diverse le prime iniziative di adozione di servizi Cloud e altre sono in fase di definizione.Anche per quanto riguarda il Machine Learning as a Service si riscontra un elevato interesse per il vantaggio associato alla possibilità di “scalare” la quantità di risorse in uso quando richiesto, anche se per ora si tratta solo di piloti in fase di definizione. La migrazione in Cloud di componenti infrastrutturali core, come l’ERP o i sistemi di Content Management, rimane invece per ora un’ipotesi da valutare per il lungo periodo.
- Mobility. Geolocalizzazione e biometria sono indicate all’unanimità come le novità più rilevanti e a più elevato potenziale nei progetti di Mobility. Il contesto applicativo della localizzazione geografica può spaziare dal geotargeting della clientela finale, per ottenere maggiori informazioni e fornire nuovi servizi basati sulla posizione, fino al tracciamento delle squadre operative sul territorio per le Utility. Il tema della biometria, oltre che per le componenti di sicurezza dei dispositivi, trova applicazione in ambito commerciale, ad esempio per la finalizzazione dei rapporti contrattuali in modo completamente digitale, velocizzando e proteggendo le modalità di pagamento. Rilevante e presente trasversalmente su tutti i progetti di mobilità, rimane comunque la messa in sicurezza di tutti i dispositivi interessati dalla Mobility: non solo smartphone e tablet, ma anche i device specializzati presenti in azienda e i sensori sulle reti.
- Big Data e Analytics. Tra i trend innovativi che incrociano l’adozione di Big Data è indicato principalmente il Cloud Computing, per la disponibilità di capacità di storage e di calcolo “praticamente illimitate” e la riduzione della spesa in conto capitale (CapEx). Alto è anche l’interesse verso i Data Lake per la centralizzazione delle informazioni e il superamento dei silos dati aziendali. Per il futuro prossimo la vera trasformazione è attesa dal Web, dal mondo Social e dal Mobile lato Consumer che costituiscono la fonte d’origine più ricorrente dei Big Data, anche destrutturati. Anche le iniziative di Cognitive Computing e Machine Learning suscitano l’interesse dei partecipanti al Focus Group. In tale ambito, le esperienze spaziano su più fronti. Infatti, c’è chi sta valutando l’ipotesi d’introdurre algoritmi per ridurre le inefficienze di filiera tramite l’automazione; c’è chi sta sviluppando progetti pilota di Machine Learning per migliorare l’assistenza alla clientela, sempre tramite l’automazione; e c’è chi ha già sviluppato e concluso progetti di Cognitive Computing. In questo contesto, tecnologie come la Blockchain possono favorire raccolta e lo scambio di informazioni tra Enti pubblici e privati, mentre le tecnologie Cognitive e d’intelligenza artificiale interessano nell’ambito dell’assistenza all’utente-cliente (Chatbot). Solo agli inizi è invece la sperimentazione di Big Data associata ai dati generati dai progetti IoT.
- Internet of Things. IoT insieme ad Automazione e intelligenza artificiale incrociano Cloud e Big Data. Così è nelle esperienze di progetto condivise nel Focus Group sull’IoT. Il Cloud Computing è la modalità di elezione per accedere a risorse di calcolo e archiviazione dei grandi volumi di dati generati dai dispositivi. Segue l’interesse per strumenti di analisi avanzata dei Big Data e in ottica di analisi predittiva, e per l’introduzione sempre più diffusa di algoritmi di Cognitive e Machine Learning.
Nel settore dei Servizi, l’Intelligenza Artificiale si declina in sperimentazioni di nicchia per l’automazione dell’interazione con il cliente finale, con chatbot dedicati sia a comunicazioni di servizio, sia a interazioni verbali evolute. A questo si riconnettono anche, in ambito Smart Retail, la digitalizzazione del punto vendita, per un’esperienza sempre più coinvolgente per il cliente, quindi anche il mondo dei beacon e della comunicazione più selettiva, anche se con approccio critico e guidato dalle possibilità di effettiva monetizzazione. Advanced Manufacturing, Industrial Internet e Robotica incrociano l’IoT nel settore manifatturiero come paradigmi caratteristici della Quarta Rivoluzione Industriale. Trasversalmente, la Cybersecurity è elemento sempre più importante per la messa in sicurezza di reti e dispositivi. Diffusa infine la tendenza a osservare i prossimi sviluppi tecnologici prima di investire in ambito Blockchain come acceleratore per lo scambio di informazioni sicure.
Bilancio delle esperienze progettuali
Strategici o tattici, i progetti in corso nei diversi ambiti tecnologici in esame sono lo specchio di una Trasformazione Digitale giudicata irreversibile e imprescindibile da tutti i partecipanti ai Focus Group. Tutti si stanno attrezzando a contrastare la nuova Amazon o la nuova Uber, ovvero il disruptor digitale già emerso o che nascerà nel loro mercato di riferimento. Al contempo, la digitalizzazione si afferma come la nuova normalità, anche per imprese e organizzazioni con modelli di business più tradizionali. Una nuova normalità caratterizzata in quasi tutti i settori dallo spostamento degli attori verso l’“economia dei servizi” tramite l’adozione di sistemi sempre più nuovi e flessibili, capaci di erogare componenti a valore sempre più dematerializzate, ancorché legate a transazioni di beni e a un contatto diretto, per una clientela oramai aperta al digitale.
In questa prospettiva i partecipanti ai Focus Group concordano nel riconoscere al digitale un ruolo chiave nel valorizzare la Funzione IT inducendoli a riformularne priorità, ruolo e modello di governance. Dal focus tradizionale di funzione di staff per la gestione di asset e tecnologie ormai sempre più “commodity” e esternalizzabili, la Funzione IT è passata al coinvolgimento diretto nella realizzazione di prodotti digitali, o nella trasformazione dei processi in azienda. I progetti oggetto di discussione nei Focus Group possono essere considerati esempi significativi di questa evoluzione e i CIO stessi degni esempi di “CIO-broker” in azione. Le riflessioni condivise sui progetti hanno portato a distinguere due filoni principali: quello delle iniziative che hanno già raggiunto un certo grado di maturità, che sono già o sono destinate a diventare nel breve-medio periodo practice aziendali diffuse in tutte le funzioni; e quello dei nuovi progetti d’innovazione tecnologica, dove IT e business collaborano a sempre più stretto contatto per la trasformazione dell’azienda. Trasversale ai due filoni la riformulazione appunto del ruolo dell’IT, da “service provider” a “service broker” concentrato sull’analisi dei fabbisogni, la pianificazione strategica, il monitoraggio dei costi e la qualità dei servizi tecnologici più che sulla loro fornitura.
Che cosa si sentirebbero di consigliare i partecipanti a tutti i Focus Group a chi sta per intraprendere nuovi progetti di trasformazione digitale? La loro risposta a questa domanda è stata duplice e molto realistica. La cattiva notizia è che per cavalcare impatti e benefici della Trasformazione Digitale, le capacità d’esecuzione di ogni singola organizzazione spesso non sono sufficienti: molto dipende sempre più da macrodinamiche a livello di filiera, ecosistema o Sistema-Paese, e questo mentre non è possibile restare indietro.
La buona notizia è che, una volta partiti e superate le prime inevitabili criticità, anche ciò che sembra molto innovativo può trasformarsi in practice aziendale, o comunque essere integrato con i sistemi esistenti. Anche i progetti più impegnativi raccontati nei Focus Group hanno sempre portato risultati e anche qualcosa di più: ricadute positive in altri ambiti, payback anticipati rispetto alle previsioni, aria di “cultura digitale” per l’intera organizzazione, esperienza e know how per i progetti in pipeline fino, in qualche caso, all’appuntamento settimanale sulla strategia digitale con il CEO.