Nel 2016, il mercato digitale italiano ha superato i 66 miliardi di euro riportandosi su valori che non si raggiungevano dal 2013, grazie a un’accelerazione dell’1,8% rispetto all’anno precedente. Nel 2017 si prevede un incremento del 2,3% a crescere fino a sfiorare il 3% nel 2019. Per il perimetro ICT tradizionale la dinamica flat del 2016 sarà seguita da un aumento tra il 2017 e il 2019, grazie alla ripresa di PC laptop e server, piattaforme applicative e servizi professionali, in primis System Integration e Consulenza. Il fermento di iniziative e progetti sulla trasformazione digitale si riflette nelle crescite a doppia cifra degli investimenti sui principali paradigmi digitali: IoT, Cybersecurity, Cloud, Big Data, piattaforme per la gestione Web e Mobile Business. L’avvio di progetti riconducibili a ogni singolo paradigma digitale sostiene nella maggioranza dei casi investimenti relativi all’implementazione di altri Digital Enabler.
Il Digitale si propaga, il settore ICT torna a crescere
La crescente pervasività dei Digital Enabler ha effetti positivi sulla crescita di servizi ICT. L’adozione di architetture Cloud e la mobilità degli utenti fa aumentare la domanda di servizi di connettività, trasmissione dati e VAS in ambito mobile; L’avvio di iniziative correlate a Big Data, Social e IoT genera nuova domanda di servizi di implementazione e gestione di nuovi applicativi. Software e Soluzioni ICT crescono in particolare nei contesti in cui si adottano soluzioni di Big Data, IoT e Mobile Business mentre l’affermazione del modello SaaS comporta una graduale riduzione della spesa per l’acquisto di licenze in alcune aree applicative.
Le architetture Cloud solo in rari casi sostituiranno la totalità delle infrastrutture fisiche delle aziende, mentre l’impatto su Dispositivi e Sistemi derivanti dall’adozione degli altri paradigmi è riconducibile all’aumento della domanda di appliance e sistemi ingegnerizzati (Big Data), sistemi di controllo e servizi di connettività (IoT), device mobili e reti di trasmissione (Mobile Business), next-generation firewall, router firewall, access point (Security).
Domanda: dinamiche diverse nei settori e nei territori
Tassi di crescita medi nel periodo 2016-2019 superiori al 3% in tutti i principali mercati si confrontano con dinamiche più sostenute nella Distribuzione (per la concorrenza degli operatori di e-commerce puri), nell’Industria (Piano Industria 4.0) e nelle Utility (fase conclusiva della liberalizzazione). Proseguiranno nella dinamica negativa gli Enti della PA Centrale e Locale dove l’attesa razionalizzazione della spesa corrente non sarà completamente compensata da una ripresa degli investimenti. Il Mobile continua a crescere in tutti i settori, il Cloud è più maturo nei settori Telecomunicazioni e Media, Energy & Utility, mentre cresce negli altri. L’IoT accelera la crescita in ambito assicurazioni e Industria 4.0 mentre è più consolidato nei settori Energy & Utility e Servizi/Trasporti. Servizi (Banche, Utility, Assicurazioni e Telecomunicazioni) e Industria registrano un aumento di interesse per i Big Data. Il Social continua a evolvere nelle realtà B2C e sul fronte della collaborazione/interazione interna. La Cybersecurity è il tema su cui si sta più investendo, in particolare nelle Banche, nell’Energy & Utility e nella Pubblica Amministrazione. Per area geografica gli investimenti digitali si polarizzano sul Nord Ovest (38,3% nel 2016) e sul Centro (23,7%), dove si concentrano le aziende utenti maggiori, inclusi gli Enti della PA, le multinazionali tecnologiche e una densità demografica che contribuisce a sostenere i livelli di spesa. Alla maggiore dinamicità della spesa nel Nord Ovest (+2,3%), e nel Nord Est (+1,9%) nel 2016 si contrappongono crescite limitate ma in recupero, nel Centro (+1,5%) e Sud e Isole (+1,3%).
Industria 4.0: riflessioni in corso
Nel 2016, il mercato italiano Industria 4.0 ha raggiunto il valore di 1.831 milioni di euro, in crescita del 18,2%. La crescita maggiore si registra per i sistemi industriali connessi e intelligenti (+19,4%) che includono: l’Additive Manufacturing, le stampanti 3D per il digital prototyping e il rapid manufacturing, e le Advanced Manufacturing Solutions (sistemi industriali già connessi e sistemi robotici o automatizzati).
Seguono in termini di crescita i prodotti e servizi ICT (+17,3%) con Industrial Internet, Cloud, Cybersecurity, Big Data e Analytics, sistemi e servizi per integrazione orizzontale e verticale, software di simulazione in 3D e la realtà aumentata e virtuale. è attesa una forte crescita dell’Intelligenza Artificiale e della componente dei robot collaborativi (cobot), con un impatto a breve termine sull’impiego di addetti nel settore ma nuove possibilità di reshoring nel lungo periodo. Il Piano Nazionale Industria 4.0 recepito all’interno della Legge di Stabilità a fine 2016 prevede diverse linee di azione di stimolo agli investimenti, alla creazione di nuove competenze e allo sviluppo delle infrastrutture abilitanti oltre a strumenti pubblici a supporto del Piano. Ne consegue che solo il 22% delle aziende manifatturiere non ha in corso riflessioni sul tema Industria 4.0, mentre circa il 50% sa che deve affrontare la tematica anche se non lo ha ancora fatto e il 28% è già operativo su un piano aziendale. Il focus maggiore è sui macchinari e sugli impianti connessi e sull’Additive Manufacturing, che in quanto hardware godono della maggiorazione del 150% del valore ammortizzabile. Seguono investimenti nel Cloud, nei Big Data e Analytics e nelle piattaforme IoT.
Permane tuttavia un’incertezza diffusa su come indirizzare gli investimenti, da imputare principalmente a barriere di tipo culturale oltre che tecnologiche: parco macchinari installato obsoleto (quasi 13 anni l’età media secondo UCIMU) e poche competenze interne su tematiche tecnologiche all’avanguardia (come ad esempio la carenza di Data Scientist), oltre al possibile impatto su modelli organizzativi, processi e persone.
I piani di innovazione: inizio di una nuova fase?
I primi segnali di ripresa e il focus emergente su Industria 4.0 trovano riscontro nel Panel condotto a marzo 2017 su 84 CIO di aziende medio grandi con riguardo ai loro piani di innovazione in logica digitale. I percorsi intrapresi incrociano tutti i Digital Enabler più significativi con diffusione maggiore per Cloud, Mobility/Collaboration, Cybersecurity, Big Data&Analytics, e in accelerazione per IoT. Non mancano progetti pilota in ambito Blockchain, Robotics, Augmented Reality unitamente a Intelligenza Artificiale, Cognitive Computing e Machine Learning.
Con priorità indiscussa su processi e clienti, i progetti diventano anche più trasversali sulle diverse funzioni aziendali. I progetti Big data sono tra i protagonisti di questa trasversalità, insieme alla Cybersecurity. Non solo i percorsi sono trasversali, ma anche sempre più frequenti. Il fermento nell’attività di investimento pianificata per il 2017 sembra evidenziare l’inizio di una nuova fase ciclica, con almeno una azienda su tre attiva per ognuna delle tecnologie emergenti considerate e punte di un’azienda su due con piani di investimento per Cybersecurity, Digital Marketing e Intelligenza Artificiale. Con il 57% dei rispondenti che hanno a piano progetti in ambito Intelligenza Artificiale si conferma un primo segnale positivo con riguardo all’impatto del piano Nazionale Industria 4.0.
CIO: più propensione a innovare
Alla cautela che caratterizzava il passato recente si è ormai generalmente sostituito un più risoluto e consapevole dinamismo dei CIO nel farsi protagonisti di cambiamento, perché “tutti hanno il proprio Uber” (o l’avranno) e la funzione IT può rivelarsi strumentale nel cavalcare l’onda dirompente dei nuovi modelli di servizio dell’economia digitale, invece di esserne travolti. A conferma di questa evoluzione tutti i CIO presenti nei Focus Group non esitano a esternalizzare la gestione ordinaria (e le associate responsabilità) per concentrarsi sui progetti innovativi con le linee di business, mentre la funzione IT che dirigono beneficia di un avanzamento strategico significativo con la riformulazione di ruoli e priorità:
- da service provider a service broker;
- maggiore concentrazione su analisi dei fabbisogni, pianificazione strategica, monitoraggio dei costi e qualità dei servizi tecnologici, più che sulla loro fornitura;
- maggiore condivisione di obiettivi business in logica digitale (nuovi servizi e prodotti digitali).
Le esperienze raccontate dai CIO profilano due filoni progettuali principali: le iniziative in ambito Mobility e Cybersecurity che già sono o diventeranno in breve practice di adozione diffuse in tutte le funzioni aziendali e, con Big Data, Cloud e IoT, i nuovi progetti d’innovazione tecnologica, dove IT e business collaborano. In generale tutti confermano che le capacità d’esecuzione di ogni singola organizzazione spesso non sono sufficienti per il successo di questi progetti, mentre aumenta l’influenza delle macrodinamiche a livello di filiera, ecosistema o Sistema-Paese in termini di propensione (culturale, economica o legislativa) ad accogliere e realizzare i cambiamenti legati alla trasformazione digitale. E in tutti i Focus Group non mancano i riferimenti a criticità legate alla qualità nell’offerta IT in Italia sulle tecnologie emergenti, per limitato know-how esperienziale “localizzato” e/o “di settore”, e alla carenza di informazioni per lo scouting di Startup Innovative in ambiti specifici.Nello specifico ogni ambito progettuale rivela le sue criticità.
Nella Cybersecurity, troppe policy possono portare minore sicurezza: oltre a proteggere perimetri sempre nuovi è indispensabile creare cultura e consapevolezza della sicurezza tramite programmi di formazione e costante coinvolgimento nelle iniziative per non vanificare gli ingenti investimenti tecnologici.
In ambito Mobility i progetti generano nuovi gruppi di collaborazione riducendo lo scambio di messaggi puntuali. Nei progetti in cui la Mobility è leva di collaboration e customer experience il coinvolgimento degli utenti dalla fase iniziale ne aumenta notevolmente la probabilità di riuscita. Il Cloud Computing, anche se garantisce flessibilità finanziaria con un mix più ponderato sull’OpEx, nasconde rischi elevati senza un attento monitoraggio dei costi in fase di negoziazione con i fornitori e con una figura dedicata in organigramma. Rischi che potrebbero vanificarne gli indiscussi vantaggi come abilitatore di rapidità e flessibilità delle operation.
I progetti di Big Data evidenziano la necessità di diffondere la cultura data-driven (in cui il dato abilita nuovi contesti e servizi nella realtà digitale) e di estendere l’utilizzo degli strumenti di analisi a più livelli funzionali e gerarchici per non rischiare che la sovrabbondanza di dati finisca per distorcere la conoscenza o disorientare e scoraggiare i fruitori.
Tutte le imprese sono chiamate al cambiamento digitale
Se i dati abilitano il business, sono i progetti di IoT che generano i dati più monetizzabili. Maggiore integrazione e comunicazione tra i diversi sistemi (con standard che le abilitino) e partnership tra aziende di filiera sono le leve oggi utilizzate nei progetti più orientati a obiettivi di produttività e di automazione di processi e funzioni. Le potenzialità di monetizzazione sono indubbie e si vanno diffondendo i primi modelli di correlazione dei dati IoT, ma non c’è ancora l’adozione sistematica di metodologie e modelli al riguardo. Comunque i risultati arrivano per tutti i progetti raccontati, con anche qualcosa di più. Una volta partiti e superate le criticità, il passaggio da innovazione a practice è rapido. E poi ci sono molte altre ricadute positive: payback anticipati, vantaggi collaterali in altre aree aziendali, cultura digitale nell’intera organizzazione, esperienze e know how per i progetti in pipeline fino, in qualche caso, all’appuntamento settimanale sulla strategia digitale con il CEO.
CXO: la trasformazione digitale è continua
Per trasformare da piano a realtà le iniziative digitali, i percorsi raccontati dai CXO – pur con le
specifiche dei diversi settori di appartenenza - evidenziano alcune tappe fondamentali comuni. La trasformazione digitale non si esaurisce con un progetto, ma è una trasformazione continua, impatta su tutti gli aspetti aziendali, richiede una visione strategica con un piano pluriennale dedicato e una struttura di governance, che può essere interdivisionale o creata appositamente con nuove risorse e competenze. Vista dai CXO il primo driver della digitalizzazione è rappresentato dalla fidelizzazione del cliente digitale, vorace di informazioni e alla ricerca di prodotti e servizi “personalizzati”. Le tecnologie abilitano ma sono le persone che rendono possibile un vero cambiamento trasversale: nei processi e nelle strutture organizzative, nel ruolo dell’IT e nella sua interazione con le altre funzioni aziendali, nell’ambiente di lavoro, in nuove modalità di collaborazione, in nuovi ecosistemi di filiera. Il percorso presenta una serie di criticità da superare, sia interne che esterne: in particolare le normative e le difficoltà di ricambio generazionale per il settore pubblico, mentre nel privato assumono rilevanza i requisiti di compliance settoriali, le politiche e la cultura aziendale, la carenza di competenze tecnologiche innovative e trasversali (comportamentali e manageriali o soft skill), le difficoltà di scouting delle start up innovative, la carenza stessa di Startup Innovative in ambiti di interesse, l’eterogeneità dei livelli di innovazione nell’offerta IT. Ma l’innovazione piace e i benefici già evidenti della digitalizzazione, dalla maggiore competitività e velocità di gestione del business al miglioramento dell’ambiente di lavoro, rappresentano una spinta notevole nel superare ostacoli e imprevisti e fare crescere, a tutti i livelli, la convinzione che il digitale serva.
CXO e CIO: sinergia per il successo dei progetti
A fronte di piani strategici articolati e strutturati è sovente difficile dare riscontro di una loro effettiva esecuzione con risultati tangibili e impatti evidenti. Come se ci fosse un missing link che impedisce di trasformare i piani di trasformazione digitale in azione. In questa luce si è voluto confrontare le prospettive emerse dai punti di vista dei CXO e dei CIO, per identificarne eventuali contrapposizioni o sinergie. CXO e CIO convergono sulla necessità di fare della trasformazione digitale la strategia di fondo della loro azienda, una strategia fatta dalle persone insieme alle tecnologie: si tratta di un’evoluzione continua che non si esaurisce nei singoli progetti ma si realizza attraverso l’interazione dei diversi cambiamenti innescati nei processi, nelle funzioni aziendali, nelle relazioni con i clienti e l’intero ecosistema. A questa visione corrispondono due approcci di “execution” chiaramente complementari tra loro:
- per i CXO prevale l’approccio organico di tipo top down, articolato in tutti i suoi elementi chiave (piano, obiettivi, governance, attori, processi, cambiamenti, criticità e risultati) e che permette di raggiungere l’equilibrio di consapevolezza e apertura necessario a innescare i meccanismi di cambiamento nell’azienda e nel suo ecosistema;
- per i CIO prevale l’approccio pragmatico di tipo bottom-up, di accrescimento dell’esperienza sul campo, che permette di individuare i percorsi di investimento più adatti al contesto tecnologico aziendale e di realizzare la giusta sintesi di cambiamenti tecnologici e culturali in logica digitale.
Le esperienze di interazione tra CXO e CIO raccontate nei Focus Group confermano che questa complementarietà è cruciale per l’execution delle iniziative di innovazione. Alla base del loro successo sembra essere stata proprio la capacità di CXO e CIO di individuare la complementarietà dei rispettivi ruoli e competenze nei singoli progetti, liberando tutte le sinergie e superando spinte conflittuali che avrebbero potuto congelare o vanificare qualsiasi percorso intrapreso.