Dopo anni di difficoltà, il mercato italiano dell’ICT lancia finalmente segnali positivi. Nel 2014, a parte i servizi di telecomunicazione, gravati da assestamenti che sono andati comunque a vantaggio dell’utenza, tutto il resto del mercato è tornato alla crescita, trainato dalle componenti più innovative. Una crescita iniziata nella seconda parte del 2014 e che è attesa consolidarsi nel 2015.
Si inizia a intravedere la spinta dell’innovazione digitale. Una spinta che sta aprendo nuove opportunità grazie al ricorso alle tecnologie del web, al mobile e al cloud computing, all’internet delle cose, al social networking, ai software per nuove soluzioni e applicazioni e molto altro ancora.
Sono evidenze incoraggianti, ma la velocità di trasformazione digitale che serve al Paese per produrre gli effetti di crescita visibili nelle economie con le quali ci dobbiamo confrontare è maggiore. Per confrontarci con l’Europa il ritardo da ricuperare è ancora molto e va visto come un’opportunità di ulteriore crescita. Non ci possiamo accontentare dei trend attuali di digitalizzazione.
Per accelerare e rendere la digitalizzazione un processo sistematico e virtuoso, dobbiamo intervenire guardando al digitale come il mezzo a più alto potenziale per creare efficienza, competitività, occupazione e benessere.
Le strategie annunciate dal Governo a inizio 2015 - il Piano Banda Ultralarga e quello per la Crescita Digitale, che rilancia i programmi dell’Agenda Digitale - esprimono l’intenzione di marciare in questa direzione. Ma bisogna tradurle in fatti. Subito, guardando a quanto nel frattempo si sta muovendo, e che incide sulle priorità e sull’impatto di azioni che si dovrebbero coordinare di più fra loro e con le politiche industriali.
La stessa digitalizzazione della PA va assumendo una valenza che va ben oltre l’efficientamento della macchina pubblica. Unita all’estensione della copertura in banda larga può innescare, per le tante interazioni che sussistono fra PA, cittadini e imprese, un’accelerazione delle transazioni digitali trasversale a tutti settori e nel territorio. Una spinta che si sommerebbe a quanto già sta avvenendo spontaneamente in non pochi ambiti e che dovrebbe indurre a guardare in modo nuovo alle politiche industriali. Raggiungere più rapidamente un livello di digitalizzazione funzionale all’innovazione di sistema è oggi essenziale. Con una catena del valore sempre più distribuita e una competizione sempre più globale è importante guardare a sinergie di sistema almeno quanto lo è guardare alle dotazioni tecnologiche delle singole aziende. Politiche industriali che creino spazi di investimento in “ecosistemi digitali” in cui gli operatori siano parte di reti dinamiche di collaborazione a tutti i livelli - imprese, PA, università, centri di competenza e di servizio - vuol dire creare un futuro centrato sull’innovazione per le tante piccole aziende su cui si regge il nostro sistema produttivo. E questo guardando anche con lungimiranza allo sviluppo del settore dell’ICT, che conta più di 75 mila imprese e occupa quasi mezzo milione di addetti. Un settore industriale strategico per accompagnare sviluppo e crescita in Italia.