Abilitati dalla trasformazione digitale, innovazione e modelli di business collaborativi disegnano nuovi scenari per le imprese e i mercati. La convergenza con i business tradizionali dà vita a prodotti intelligenti e integrati con servizi personalizzati. Le spinte delle tecnologie si intrecciano con quelle dei nuovi materiali, delle nano e delle biotecnologie.
L’impresa 4.0 è la parte visibile di una trasformazione digitale estesa a tutto il mondo dell’impresa, indotto compreso. Un fenomeno che sta compensando la scarsità di risorse con la condivisione, la collaborazione, la creatività, e che promette sviluppo e occupazione.
Per vivere questa trasformazione bisogna però essere pronti a investire, e avere una strategia digitale. Quanti sono pronti al cambiamento? Quali aziende hanno la consapevolezza di essere al centro di una rivoluzione? Chi ne è responsabile? Sembrano domande ovvie. Ma in Italia, l’ottica prevalente è ancora sul miglioramento dell’efficienza di un “business as usual”, e non è facile trovare veri innovatori digitali, in grado di cambiare equilibri competitivi e relazioni nella loro filiera. Questo è dovuto sia a ragioni endogene alle aziende - mentalità orientata all’innovazione del prodotto che del processo e scarsa capacità di investimento - che esogene, come la scarsa disponibilità di competenze o la difficoltà verso l’internazionalizzazione. Rimane il fatto più importante: lo sviluppo lento e disomogeneo del digitale pone a rischio la competitività della nostra economia.
È giunto il momento di esprimere tutto il potenziale creativo del nostro sistema. Ci vuole la voglia di cambiare passo, di creare nuovi percorsi di innovazione e diversificazione, in ottica digitale. L’analisi dello studio Assinform “Il Digitale in Italia” ci aiuta a connettere in modo organico le iniziative che Confindustria sta portando avanti con il progetto nazionale di “Trasformazione competitiva digitale delle imprese e del Paese”. Molti sono gli spunti. Possiamo muoverci, ad esempio, da queste considerazioni.
La prima riguarda la nostra industria manifatturiera che con il suo indotto di servizi e commerciale arriva a contribuire quasi il 50% del PIL. L’Industria 4.0 investirà quasi metà della nostra economia con cambiamenti profondi, sia nella progettazione dei prodotti che nel modo di fare impresa grazie alla digitalizzazione delle filiere, e alla network-collaboration tra tutti gli attori. La seconda è che l’innovazione da sola non basta. Occorre anche formare un capitale umano sempre all’avanguardia attraverso percorsi di formazione permanente e maggiore cooperazione tra scuola, ricerca e industria.
L’ultima è che i grandi progetti si fanno sui grandi numeri, che in Italia non mancano. Abbiamo oltre 50.000 Amministrazioni pubbliche (comprese la Scuola e la Sanità) con più di 3 milioni di dipendenti, e soprattutto più di 200.000 medie e piccole imprese e 4 milioni di microimprese che devono innovarsi. La nostra ambizione è di fare emergere una Nuova Italia Digitale, con servizi e filiere costruiti su piattaforme collaborative di distretti innovativi avanzati, animati da leader di filiera e PMI 4.0, in settori dove il digitale, che è vitale, farà la differenza. E vogliamo che questa nuova industria rappresenti il futuro per i nostri giovani.